TW UNIVERSITÀ, BURNOUT
IL MERITO DELLA MERITOCRAZIA
Ansia, depressione, sensazione di fallimento.
Sono sentimenti piuttosto comuni tra l3 studenti universitari3, che vivono costantemente la pressione sociale di una cultura della competizione insana e malsana.
Abbiamo sopra di noi lo stigma di non riuscire a soddisfare le esigenze di una cultura della competitività alimentata da media (con articoli e storie atte a sottolineare casi eccezionali – allorché economicamente privilegiati – di studenti che si laureano in anticipo) e utile a una narrazione del mondo del lavoro come privilegio e non come diritto, giustificando stipendi da fame e orari da gufo.
Trincerarsi dietro il concetto di meritocrazia appare motivazione debole, poiché essa è parola che dietro il suo aspetto apparentemente morale, nasconde l’ombra più oscura del nostro sistema capitalista-liberista, poiché si basa su specifici criteri disegnati sul concetto di lavoro di cui sopra.
Vogliamo criticare questa narrazione e farlo come studenti e lavorator3 che sentono questo stigma ogni giorno sulla loro pelle e sulla loro vita.
Siamo stanch3 di essere disegnat3 come scansafatiche, per essere in ritardo egli studi, per aver bocciato un esame o aver rinunciato al percorso di studi, per avere un lavoro part-time o considerato “poco nobile”, o per non averlo affatto.
Per non aver ancora trovato o proprio posto in questa società della competizione, o per rifiutarsi di trovarlo.
Perché la competizione non ci riguarda.
Perché noi siamo, prima di tutto, le nostre vite, con i nostri problemi, le nostre gioie e dolori, le nostre inclinazioni, la nostra legittima voglia di assecondarle.
Ma siamo anche il peso del giudizio che sentiamo come un macigno quando non rispettiamo le aspettative che questa società ci impone, siamo la nostra salute fisica e mentale che spesso vacilla e che è stata minata da 3 anni di pandemia, siamo la nostra vita tra difficoltà, sogni e speranze.
E se non c’è spazio per noi, ce lo costruiremo. O ce lo prenderemo.